(Adnkronos) – 14 marzo 2025. La fotografia come racconto itinerante dell’italianità, vista da una prospettiva diversa dal solito: così potremmo riassumere Sospesi – L’Italia attraverso l’obiettivo di Jacopo Di Cera e Massimo Vitali a cura di Serena Tabacchi, progetto che arriva dal dal 20 al 23 marzo al MIA Photo Air di Milano dopo la tappa romana di Via Margutta.
L’Italia raccontata dagli scatti di Jacopo Di Cera è vista dall’alto e sospesa in un tempo indefinito, in una vacanza eterna: è l’esplorazione di una l’identità collettiva che oscilla tra riflessione e critica sociale, una narrazione visiva che attraversa il Paese e indaga sulle trasformazioni della società italiana e sulle sue dinamiche di aggregazione.
Jacopo Di Cera, ”Sospesi” evoca un punto di vista che si sposta dall’alto: perché allontanarsi dai soggetti? Ci racconta questa scelta stilistica?
Allontanarsi dai soggetti significa osservarli in un contesto più ampio, privandoli della dimensione individuale per inserirli in una narrazione collettiva. La visione zenitale appiattisce la prospettiva e, con essa, le gerarchie visive, restituendo una rappresentazione democratica dello spazio e delle persone. La scelta di questo punto di vista non è solo formale, ma concettuale: permette di raccontare l’italianità in vacanza in un modo che trascende la singola esperienza e diventa un fenomeno sociale e culturale, dove l’individuo si fonde con il paesaggio e con gli altri.
La sospensione che raccontano le sue immagini riguarda lo spazio, ma anche il tempo?
Assolutamente sì. Se da un lato lo spazio è sospeso in una visione astratta, geometrica e priva di prospettiva, dall’altro il tempo si dissolve nei video loop delle opere digitali del progetto: opere che non hanno un inizio né una fine. L’azione si ripete all’infinito, annullando la percezione temporale e trasformando ogni momento in un’eterna estate italiana. Questo porta a un’ulteriore riflessione: quanto durano realmente le emozioni? Se un’azione si ripete in eterno, anche l’emozione che la accompagna diventa potenzialmente infinita?
Su questa riflessione e sui principi relativi del tempo si basa proprio la ricerca digitale fatta in questo percorso di narrazione di “Sospesi”.
In quale periodo vorrebbe fissare il suo racconto dell’Italia?
L’Italia che racconto è un’Italia senza tempo, sospesa tra passato e presente. Le immagini potrebbero appartenere a qualunque estate degli ultimi decenni, perché la vacanza italiana, nei suoi riti e nei suoi gesti, è rimasta straordinariamente fedele a se stessa. Tuttavia, nel mio lavoro c’è anche una tensione verso il futuro: cosa accadrà a questi spazi? Come cambieranno le nostre abitudini con le trasformazioni climatiche, economiche e sociali? Il progetto Sospesi suggerisce un’Italia che potrebbe esistere per sempre, ma lascia aperta la domanda su quanto questa immagine possa davvero rimanere immutata. Il progetto, per come è strutturato e per come l’ho disegnato, non avrà mai una fine, in quanto è il percorso di trasformazione la reale bellezza e profondità dinamica a cui assistiamo. In alcuni luoghi ci torno ogni anno, per capire se e come evolvono. Alcune volte resto colpito come in 10 anni (da quando ho iniziato il progetto) nulla cambia. Ma realmente nulla. E questo mi fa capire come, il divenire del tempo non sempre segua il divenire della realtà.
Il dialogo con Massimo Vitali in che modo arricchisce o completa la sua narrazione?
Massimo Vitali ha raccontato e ancora oggi racconta, dopo trent’anni, la spiaggia italiana come un grande teatro sociale, lui lo chiama il “punto di vista del principe”, immortalando le persone con una distanza che è al tempo stesso estetica e sociologica. Lui entra nella scena. Fa parte della scena. E’ un tutt’uno.
Il mio lavoro si colloca in un’altra dimensione: se Vitali ci permette di osservare la scena dall’interno, con i dettagli e le espressioni dei bagnanti, io porto lo sguardo ancora più in alto, eliminando la prospettiva e rendendo i corpi piccoli segni grafici all’interno di un pattern più ampio. È un dialogo che mette in relazione il micro e il macro, l’individuale e il collettivo. Il contesto, nelle mie foto è un fattore fondamentale che si fonda con l’umanità ritratta. A volte creando contrasti e contraddizioni, a volte linee di demarcazione a volte un connubio e commistione totale. Nei lavori invernali, sulla neve, addirittura, diventa un fattore “trasformativo” dell’essere umano: tramite la neve, e tramite il punto di vista zenitale, osserviamo le ombre e non più i corpi. Osserviamo quindi una proiezione dell’umanità sul contesto territoriale che ne diventa “tela” di vita.
Il percorso di ricerca quindi è il medesimo, raccontiamo una italianità a volte in vacanza a volte in azione. Ma la osserviamo, in maniera sospesa, da punti di vista fortemente diversi.
Qual è stato il criterio di scelta dei luoghi fotografati?
La selezione dei luoghi segue un equilibrio tra iconicità, narrazione spontanea, tradizioni e ricerca di contraddizioni.
L’Italia offre sicuramente spunti, soprattutto nelle foto estive di luoghi che rappresentano l’immaginario collettivo: spiagge siciliane, luguri, pugliesi, toscane.
Scendendo però ad un livello più profondo ho cercato situazioni che offrissero una stratificazione sociale, momenti in cui la folla, la natura e l’architettura dialogassero o in modo armonico o manifestando appunto le contraddizioni con il territorio. Negli ultimi anni ho cercato anche di fare emergere il tema delle tradizioni: momenti che raccontano una storia secolare e che oggi rappresentano un forte legame con lo spirito popolare e locale. L’obiettivo è creare una geografia emozionale dell’Italia, dove ogni luogo non sia solo uno spazio fisico, ma un frammento della nostra memoria collettiva.
Perché proprio Rosignano, e perché proprio la Val di Fassa (ad esempio)?
Rosignano è un luogo emblematico perché il suo paesaggio, con le spiagge bianche e l’acqua cristallina, richiama paradisi tropicali, ma in realtà è il risultato di un processo industriale. È un luogo dove la bellezza e l’artificio convivono, sollevando domande su natura, inquinamento, turismo d’apparenza, trasformazione del territorio, . La Val di Fassa, invece, rappresenta un altro volto della sospensione: qui il concetto cambia, il rapporto con il paesaggio è più verticale, la montagna diventa un elemento che amplifica il senso di piccolezza dell’uomo. E’ inoltre teatro di una delle manifestazioni più importanti e più note tra le valli, la Marcialonga: la nota maratona internazionale di sci di fondo che vede migliaia di spiriti sportivi sfidarsi in 70km di fatica e sudore. E’ chiamata appunto marcia epica. E ancor di più il connubio tra l’uomo e l’immensità della natura si manifesta in questa cornice.
Scenari diversi, ma spesso accomunati dall’idea di un’Italia in cui il tempo sembra fermarsi, tra natura e presenza umana, tra realtà e costruzione visiva.