mercoledì, Dicembre 25, 2024

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Incentivi strutturati e nuova fiscalità: la ricetta Unrae per rilanciare l’auto elettrica

ROMA – L’elettrico è una partita tutta da giocare. Ma velocemente e con una strategia da ridefinire: rispetto agli altri paesi, siamo entrati in campo già dopo il fischio d’inizio. Questo è quello che emerge dalla conferenza «Mobilità del Futuro: Percezioni, Sfide e Prospettive», organizzata da Brugola Oeb a Palazzo Cusani a Milano. “La situazione in Italia ed in Europa è sempre più critica e si rischiano effetti industriali ed occupazionali senza precedenti che coinvolgono non solo il mondo prettamente del prodotto ma tutta la catena”, ha commentato Jody Brugola, presidente, che ha voluto un confronto tra i protagonisti della filiera.“Dove stiamo andando? A che velocità? È importante abbattere le fake news sull’elettrico, così come analizzare gli ultimi numeri”.

Anfia ha certificato nei giorni scorsi il crollo della produzione e delle vendite in Europa. I dati di mercato recenti confermano un rallentamento nell’adozione dei veicoli elettrici, con vendite in Ue Efta-UK al 14% nei primi otto mesi del 2024 e volumi in calo del 36% solo ad agosto: le immatricolazioni sono diminuite del 5,5% rispetto allo stesso periodo del 2023, con un calo del 32% in Germania. In Italia, la quota è appena del 3,3%, ben lontana dai livelli necessari per raggiungere i target europei, un fattore che incide sulle strategie di investimento delle case automobilistiche. Come fare?

L’Unrae mette sotto i riflettori la necessità di incentivi con un sistema strutturato: il periodo della transizione è iniziato da mesi e fenomeni come quello del 3 giugno (quando sono state vendute 26.000 auto in 9 ore ndr.) mostra che l’utilizzo degli incentivi non è utile utilizzato in maniera spot. “Nel 2023 sono state vendute circa 70 mila auto elettriche, nel 2024 nonostante gli incentivi questo numero non crescerà – dice Michele Crisci, Presidente Unrae -. C’è una situazione di grande confusione che non ci stiamo sforzando di appianare: servirebbe una strategia che non sia stop and go: in Europa gli incentivi sono iniziati 15 anni fa: in Francia, Norvegia, Uk, poi in Germania. In Italia ci siamo accorti dell’elettrico solo con il Covid: l’abbiamo implementati in ritardo e con fondi limitati”.

“In Italia andrebbe cambiata la fiscalità, quella dell’auto è ferma agli anni ’70 – continua Crisci – e non tiene conto che oggi le auto aziendali rappresentano circa il 70% del parco circolante”.

Ma oltre ai governi anche i costruttori devono fare la loro parte. I dubbi dei consumatori, del resto, rimangono proprio sui veicoli, rispetto ai costi e all’autonomia di ricarica, non sulla mobilità elettrica: “Ad oggi il rapporto auto elettriche-colonnine è il più alto in Europa – afferma Fabio Pressi, presidente Motus-E -. Oggi ci troviamo di fronte ad un problema industriale che è stato sottovalutato: la produzione di batterie”. Usa e Cina hanno investito in maniera più lungimirante, e adesso per i costruttori europei è difficile entrare nella battaglia dell’elettrico da protagonista: “C’è poco margine”, afferma Crisci, presidente Unrae. “Il prezzo di vendita è ancora elevato – sostiene Dario Dell’Acqua, responsabile vendite commerciali di Lombarda Motori –: il gap tra elettrico e termico si ridurrà pian piano, con il calo dei costi delle batterie e le formule di leasing e finanziamento che permettono di avere scelta di motorizzazioni nel tempo”.

“Una partita in cui l’Italia ha pochi palloni giocabili – commenta l’Assessore allo sviluppo economico della regione Lombardia, Guido Guidesi – partiamo svantaggiati per i costi che abbiamo rispetto a chi è partito prima di noi. Ma omologarsi significherebbe perdere la carta vincente della competitività: rimane fondamentale avere un tessuto industriale per collaborare a livello internazionale”. Ad ogni modo chi produce componentistica per auto termiche continuerà a produrla anche nei prossimi anni. “Nel 2035, 41 milioni di auto avranno ancora bisogno di componenti – evidenzia Michele Crisci, Unrae -: è la mancanza di strategia a dover spaventare”.

I dati ad ogni modo parlano chiaro. Il 30% del settore non si convertirà facilmente all’elettrico: molti comparti sono difficili da approcciare per la meccanica. Meglio non farsi illusioni, dunque, e creare reskilling con le risorse.

“L’importante è renderci autonomi come lo siamo sempre stati – afferma l’Assessore Guidesi -: L’Italia è forte nell’ingegneria dell’auto: non dobbiamo condannarci con un’unica direzione ma piuttosto spingerci con autonomia alla mobilità”.

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