(Adnkronos) – “Digitale e innovazione a supporto della fabbrica sono e saranno un elemento differenziante e di competitività per le aziende più in prima linea nella loro adozione”. Lo dichiara all’Adnkronos/Labitalia Fabio De Felice, tra i principali esperti italiani di digitalizzazione delle imprese.
“Se il 2023 – osserva – è stato l’anno dell’intelligenza artificiale generativa, con progressi sorprendenti che hanno colto di sorpresa in tanti e il 2024 è stato l’anno della Human Connection e degli agenti dell’intelligenza artificiale, il 2025 sarà l’anno in cui tutte le aziende dovranno cogliere le opportunità di queste rivoluzioni. Abbiamo oggi macchine che comprendono il ‘nostro sistema operativo, il linguaggio’ e che sono pertanto in grado d’interagire con noi, di farci programmare pur non conoscendo una linea di codice o di agire al posto nostro in diversi contesti ed in svariate operazioni”.
L’esperto – che insegna Impianti industriali presso la facoltà di Ingegneria dell’Università Parthenope di Napoli e presso la Luiss Business School di Roma – è Fondatore di Protom, e, negli ultimi 5 anni, ha partecipato alla task force Digitalization del B20 -il Business Forum del G20-contribuendo redazione delle raccomandazioni ai governi in materia di innovazione e digitalizzazione. Inoltre De Felice è tra gli italiani che parteciperanno a gennaio al Ces di Las Vegas, la più grande fiera tech negli Stati Uniti, nella quale si apre una sorta di finestra sul futuro, sulle innovazioni e soluzioni che entreranno a breve nel disegnare i nuovi confini delle nostre attività non solo lavorative.
“Siamo in un momento cruciale – avverte – in cui la tecnologia non è solo uno strumento: è un ponte che ci collega gli uni agli altri come mai prima d’ora ed espande le nostre esperienze e capacità. Si parla spesso di rischi legati all’uso dell’intelligenza artificiale, ma come ogni tecnologia, ogni innovazione non è né buona né cattiva, ma siamo noi a darle una connotazione o uno specifico impiego; pertanto, se dobbiamo parlare di rischi, dobbiamo guardare molto di più alle persone che impiegano la tecnologia stessa più che la tecnologia in sé”.
“La vera sfida – sottolinea – non è scegliere tra il mondo virtuale e quello reale, ma trovare il modo di farli convivere. Infatti, se da un lato possiamo affermare che gli algoritmi che governano i contenuti consumati dagli adolescenti e da tutti noi, rafforzano visioni omogenee e polarizzate della realtà dall’altro le stesse tecnologie che producono questa distorsione potrebbero invertire la loro azione se il loro utilizzo fosse orientato opportunamente nei vari percorsi formativi che accompagnano la vita non solo dei nostri giovani, ma dell’intera collettività. La formazione, infatti, rimane il ‘luogo privilegiato’ per affrontare questo malessere e con un ripensamento strutturale del sistema di apprendimento in cui la tecnologia viene integrata in modo funzionale alla maturazione individuale, potrebbe diventare lo strumento per sviluppare competenze sociali, critiche ed emotive. Non si tratta, pertanto, di demonizzare la tecnologia, ma di ripensarne l’uso”.
“A valle della lettura dei risultati conseguiti dal Made – continua De Felice – possiamo affermare che i competence center, almeno quelli strutturati ed efficienti come il Made 4.0, rappresentano un anello strategico nel guidare le imprese italiane verso l’innovazione tecnologica e la competitività. Queste strutture agiscono da cerniera fondamentale tra le tecnologie avanzate e le esigenze delle aziende, in particolare delle pmi, accompagnandole in un percorso di trasformazione digitale mirato e sostenibile”.
“Made – precisa de Felice – rappresenta un esempio virtuoso di come i competence center possano fungere da piattaforme di connessione tra il mondo accademico, le imprese e i finanziamenti pubblici e privati. Grazie a dimostratori, isole tecnologiche e formazione, le aziende non solo adottano soluzioni innovative ma apprendono come integrarle nei propri processi. Questa azione di ‘cerniera’ consente di abbattere barriere tecnologiche e culturali, rendendo accessibile anche alle piccole realtà il potenziale delle tecnologie 4.0”.
“L’iniziativa – afferma – non si limita all’adozione tecnologica ma si estende alla costruzione di competenze, evidenziando l’utilità di un approccio integrato che coniughi formazione, sperimentazione e supporto strategico. Made dimostra che non si tratta solo di introdurre innovazione, ma di renderla un valore tangibile e duraturo per il sistema produttivo italiano, con ricadute positive sia sulla competitività delle imprese sia sulla capacità del Paese di affrontare le sfide del futuro”.