giovedì, Novembre 21, 2024

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Da Tottenham e Ajax fino alla Serie A: perché le squadre di calcio cambiano logo?

(Adnkronos) – Calcio e marketing sono due rette che si intersecano e sovrappongono. Le squadre sono sempre più aziende, attente ai bilanci e a intercettare nuovi mercati, esigenze che molto spesso non coincidono con quelle dei propri tifosi. Tournée estere, nuove modalità di comunicazione sui social, merchandising alla moda e, da qualche anno, anche una rinnovata identità visiva. Ogni elemento, costitutivo del Dna di una squadra, è messo in discussione e rimodellato seguendo le nuove tendenze di mercato, che nascono da una società in continua evoluzione. 

In un mondo sempre più digitalizzato e orientato al web, il restyling è necessario per aumentare il valore e l’appetibilità del proprio brand, che possa attirare non solo nuovi utenti (più che tifosi), ma anche sponsor. L’evoluzione delle società di calcio, insomma, sta tutta nel vestito che decidono di cucirsi addosso, e così non sorprende più di tanto che club storici decidano, periodicamente, di rimodellare il proprio logo, adattandolo alle mode del momento. Gli ultimi, in ordine di tempo, sono stati Tottenham e Ajax, che però hanno intrapreso strade opposte. 

 

Gli inglesi hanno semplificato il proprio gallo, eliminando la scritta ‘Tottenham Hotspur’ e reintroducendo il monogramma ‘THFC’, creato negli anni ’50. Gli Spurs, il cui intento dichiarato era quello di aumentare “l’iconicità del simbolo del club”, hanno comunicato di aver interpellato oltre 300 persone tra calciatori, personale e tifosi in un processo di rebranding durato nove mesi. Le reazioni però, come sempre in questi casi, sono state contrastanti. La fanbase si è infatti spaccata tra chi non coglie le differenze con il precedente e chi ha fiducia che il minimalismo del nuovo logo possa essere un bene per il club. 

Ritorno al passato invece per l’Ajax. Mentre i club europei vanno verso loghi sempre più semplificati e accessabili anche da utenti che non conoscono la loro eredità storica, i lancieri sono tornati allo stemma degli anni ’20. A partire dalla stagione 2025/26 infatti, “e per sempre” assicurano dal club, tornerà infatti un Aiace Telamonio, personaggio mitologico dell’Iliade, meno stilizzato. Il precedente logo era stato disegnato utilizzando 11 tratti, a simboleggiare gli 11 giocatori in campo. Ora invece torna un disegno più classico, con i colori sociali del club inseriti in un piccolo scudetto al fianco del guerriero greco, circondato, sul lato sinistro, dalla scritta ‘Ajax’. La decisione de club, più che alle evoluzioni del mercato, sembra guardare ai propri tifosi e ha soddisfatto lo zoccolo duro del tifo olandese, che da tempo chiedeva il ritorno al vecchio stemma. 

 

L’esempio dell’Ajax non è comunque un caso isolato. Prima dei lanceri infatti era stato l’Atletico Madrid a ritornare al vecchio logo con l’orso e l’albero verde, abbandonando così quello più stilizzato che aveva incontrato forti critiche al Wanda Metropolitano. L’annuncio era arrivato con un video che fa capire, tra l’altro, come sia cambiata la comunicazione social dei club di calcio, sempre più simile a spot pubblicitari o veri e propri corti cinematografici. L’obiettivo, anche qui, è quello sì di fomentare l’entusiasmo del proprio popolo, ma anche di far parlare di sé e, auspicabilmente, diventare virali. E, con questo video, l’Atletico ci è riuscito. 

Per capire però quanto Ajax e Atletico siano in controtendenza, basta guardare la Serie A. Tra i primi, e discussi, interventi dell’era Pallotta alla Roma ci fu quello di eliminare, nel 2013, il monogramma ‘ASR’ dal logo e sostituirlo con la scritta ‘Roma’. Anche la lupa fu semplificata e stilizzata, eliminando ombre e sfumature dal disegno. La nuova proprietà americana voleva mettere in risalto il legame tra città e squadra, rendendosi riconoscibile, grazie al nome della Capitale, anche e soprattutto sul mercato estero. La scelta però incontrò le forti resistenze dell’ambiente e la protesta dei tifosi, che sfociò sui social e sulle tribune dell’Olimpico. 

Il cammino però era tracciato. ‘Semplificazione’ e ‘rinnovamento’ furono le parole chiavi che guidarono, nel 2017, anche il restyling della Juventus. I bianconeri abbandonaro lo stemma ovale per affidarsi a una semplice ‘J’: “Il club cambia ufficialmente pelle, proiettandosi nel futuro con una nuova identità visiva, simbolo di un brand e di uno stile totalmente rinnovati”. La parola chiave, in questo caso, è proprio ‘brand’. Non più squadra di calcio, ma azienda, e quindi valori, storia e identità del club vanno comunicati con rapidità e iconicità. 

Dopo la Juve toccò all’Inter. Lo storico nomogramma nerazzurro è infatti stato rielaborato in una chiave minimal per mettere in risalto le lettere ‘I’ e ‘M’, corrispettivi di ‘Inter’ e ‘Milano’. Anche la Fiorentina ha modificato il suo giglio in una versione più stilizzata, mentre il Venezia ha sostituito il leone di San Marco, simbolo della città, con una ‘V’ contenente un leone che ruggisce. Minimo sforzo, massimo risultato. 

 

“Ormai le squadre di calcio sono sempre più brand. E come ogni brand vanno ciclicamente incontro a operazioni di restyling, che spesso vanno a toccare il logo, ovvero il simbolo per eccellenza del club” dice Maria Claudia Ferrari, esperta di digital marketing, “oggi si va sempre più verso la minimizzazione perchè le squadre comunicano soprattutto su app e social. Prima gli stemmi risaltavano sulle maglie da gioco, oggi sono soggette alle logiche del web, che vuole essere accessibile a tutti. Il Venezia ne è esempio lampante”. “Questo processo non è proprio soltanto del mondo del calcio, ma di aziende di ogni settore, che stanno puntando a eliminare dettagli giudicati superflui, che sullo schermo di un telefono non si notano nemmeno, per arrivare prima e meglio al consumatore. La sfida è creare un logo moderno che sia fedele alle caratteristiche fondamentali dell’azienda”, conclude Ferrari. 

“Coca Cola, Red Bull, Nike, adidas: nessuna azienda è rimasta uguale nel corso del tempo. Il rebranding è una pratica ciclica, che inevitabilmente investe anche le squadre di calcio”, concorda l’esperto di marketing Alberto Pompili, ” oggi c’è bisogno di rapidità nella comunicazione, c’è una maggiore attenzione a chi guarda quel logo e come può essere percepito. Tutto è filtrato secondo le logiche del marketing. L’Atletico Madrid ha scelto di rifidelizzare i suoi tifosi tornando al vecchio stemma, ma in generale tanti rebranding puntano ad acquisire pubblico nuovo e aprirsi a nuovi mercati, come ad esempio quello asiatico”. “Il target si è spostato”, continua Pompili, “prima erano al 99% i tifosi, oggi si punta a intercettare nuovi utenti che non è detto che siano appassionati di calcio. E in questo il logo aiuta, perché più si abbassa la complessità di un’immagine, più diventa comprensibile, anche se il tifoso la sente meno propria”. Calcio e marketing, marketing e calcio. (di Simone Cesarei) 

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